
Gli appuntamenti con la cultura a Bologna sono davvero tantissimi, qui vogliamo segnalarvi le principali 4 mostre visitabili durante il vostro soggiorno all’Hotel Roma.
JAZZ IN BO – BOLOGNA JAZZ PHOTO EXHIBITION
Fino al 12/11/2022
Quaranta musicisti jazz ritratti in luoghi iconici e suggestivi della città di Bologna. A cura di Associazione TerzoTropico-APS e Associazione NuFlava. Bologna può fregiarsi di un passato e di una tradizione musicale, ancora vivi e presenti tutt’oggi, equiparabili solo a quelle di poche altre città in Europa. Per questa ragione la nostra città è stata dichiarata dall’Unesco Città creativa della musica. Bologna vanta, infatti, una ricca tradizione musicale in continua evoluzione e un serio impegno a promuovere la musica come mezzo di sviluppo economico e di inclusione sociale e culturale. Un ruolo particolare in questo panorama spetta però al jazz. Fin dagli anni ’60 Bologna era una delle mete preferite da grandi artisti come Miles Davis, Gerry Mulligan, e tanti altri che si sono succeduti nella grande arena dell’allora Palasport, oggi PalaDozza, grazie all’intuizione di Alberto Alberti che con il Festival del Jazz di Bologna fece della nostra città un punto di riferimento a livello internazionale. Nel tempo, a fasi alterne, il jazz è sempre stato nel cuore dei bolognesi, con la famosa band di Nando Giardina che ha fatto conoscere il Lucio Dalla clarinettista, con le incursioni di Renzo Arbore e di tanti pionieri di una musica per certi versi a quei tempi considerata riservata a pochi appassionati. La tradizione di questa musica nera ha poi avuto una grande ripresa agli inizi del 2000, grazie ai numerosi locali che hanno fatto di Bologna una piccola New York nel cuore dell’Emilia Romagna. La rinascita del Bologna Jazz Festival ha poi definitivamente riportato Bologna nell’olimpo del jazz in Italia. Tutto ciò ha fatto sì che oggi siano numerosi i musicisti che vivono il jazz come la loro musica di elezione, permettendo anche a moltissimi giovani di avvicinarsi a questo genere musicale particolare ma che consente una grande possibilità di improvvisazione e di espressione artistica per i singoli, all’interno però di un ensemble univoco e perfettamente amalgamato. I fotografi Ivano Adversi e Guido Samuel Frieri intendono con il loro lavoro evidenziare questo stretto connubio, riprendendo i musicisti bolognesi in luoghi iconici e suggestivi della città. Luoghi che rappresentano il cuore pulsante di Bologna, come lo è il ritmo della musica jazz. Il risultato non è una semplice serie di ritratti in diversi spazi cittadini ma, tramite immagini di impatto emotivo, costituisce una sorta di colonna sonora “visiva” per Bologna, che mette in luce la presenza degli artisti all’interno del capoluogo emiliano e la loro creatività, mostrando al contempo la vita e l’architettura della città.
Sala Borsa – Piazza Maggiore
LA COLLEZIONE MAST – Un alfabeto visivo dell’industria, del lavoro e della tecnologia
Fino al 28/08/2022
Nei primi anni 2000 la Fondazione MAST ha creato il suo spazio dedicato alla fotografia dell’industria e del lavoro con l’acquisizione di immagini da case d’asta, privati, gallerie d’arte, fotografi e artisti. Il patrimonio della Fondazione, che già conteneva un fondo che raccoglieva filmati, negativi su vetro e su pellicola, fotografie, album, cataloghi che negli stabilimenti del gruppo Coesia venivano prodotti fin dai primi del Novecento, si è così arricchito ed è andato oltre ai parametri di materiale promozionale e documentaristico delle imprese del Gruppo industriale. Attualmente la collezione conta più di 6000 immagini e video di celebri artisti e maestri dell’obiettivo, oltre ad una vasta selezione di album fotografici con migliaia di immagini, che come avveniva solitamente nell’area industriale, sono prodotte da autori sconosciuti o dagli stessi tecnici dell’impresa che operavano per hobby, ma non per questo meno rappresentative del mondo del lavoro. Oggi la Collezione MAST si è affermata come centro di riferimento, unico al mondo, per la fotografia dell’Industria e del lavoro. Oltre a opere del XIX e inizio XX secolo, la raccolta abbraccia la fotografia contemporanea con un processo di selezione valoriale e un accurato approccio metodologico. Un dipartimento di fotografia all’interno di una Fondazione che ha una missione di welfare sociale e aziendale potrebbe sembrare insolito. Fin dall’inizio lo spazio della Fondazione MAST è stato pensato per renderla una istituzione distintiva dove si incrociano un laboratorio dedicato all’arte, alla riflessione, alla conoscenza e all’educazione. La volontà di rappresentare il processo di industrializzazione della società e documentarne l’evoluzione ha conferito slancio e creatività all’iniziativa, connessa alla celebrazione delle attività produttive e della cultura del lavoro, anche nelle sue espressioni di impegno, fatica, sfruttamento, dignità. Il lavoro abita le nostre vite e la fotografia sociale, documentaria e storiografica lo omaggia con una raccolta di immagini potenti, convincenti, insolite e rare in questo universo poco considerato. Per la prima volta la Fondazione MAST presenta una straordinaria selezione di oltre 500 immagini tra fotografie, album e video della propria collezione, che occupano tutte le aree dedicate alle esposizioni, negli spazi di MAST. Immagini iconiche di autori famosi del mondo, fotografi meno noti o sconosciuti, artisti finalisti del MAST Photography Grant testimoniano visivamente il mondo a cui abbiamo sopra accennato. La mostra, proprio per la sua complessità, è stata strutturata in 53 capitoli dedicati ad altrettanti concetti illustrati dalle opere rappresentate. L’intero argomento richiede un elenco di termini non sempre esaustivi, vista la portata di professioni, tematiche, funzioni, valori ripresi dal mondo del lavoro. La forma espositiva è quella di un alfabeto che si snoda sulle pareti dei tre spazi espositivi e che permette di mettere in rilievo un sistema concettuale che dalla A di “Abandoned” arriva fino a W di “Waste”, “Water” e “Wealth” (le parole che cominciano con la Z sono rare in inglese). L’alfabeto rappresenta uno strumento che vuole indicare i punti di interesse e le zone più intense con le quali si fa luce il senso di ogni immagine. Il lessico visivo evoca connessioni e interazioni che possano stimolare considerazioni più ampie: lungo il percorso espositivo in nero sono indicate le tematiche affrontate specificamente nelle opere presentate, in chiaro quelle che rimandano a un pensiero critico ulteriore. Anche per gli artisti e fotografi presentati, i numerosi capitoli possono essere vissuti come villaggi in cui convivono a stretto contatto vecchi e giovani, ricchi e poveri, sani e malati, operai e intellettuali, o aree industriali in cui si concentrano centinaia di professioni, punto di incontro di percezioni, atteggiamenti, progetti più disparati. La fotografia documentaristica incontra l’arte concettuale; gli antichi processi di sviluppo e di stampa su diversi tipi di carta fotografica, come la tecnica all’albumina si confrontano con le nuove possibilità offerte dagli sviluppi tecnici e dalla innovazione digitale e inkjet; stampe dominate dal nero profondo affiancano opere dai colori vivaci. Sul piano temporale, solo al XIX secolo è stata dedicata una sezione legata alle fasi iniziali dell’industrializzazione e della storia dell’arte della fotografia. L’importanza del tema del lavoro, i capolavori che lo mostrano e la loro qualità offrono una opportunità unica di osservazione e riflessione.
Fondazione MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia
OLIVIERO TOSCANI. 80 ANNI DA SITUAZIONISTA
Fino al 04/09/2022
Arthemisia presenta la mostra Oliviero Toscani. 80 anni da situazionista a cura di Nicolas Ballario. Aperta dalle ore 15.00 dell’8 aprile fino al 4 settembre 2022, la mostra ripercorre la carriera del grande fotografo, con oltre 100 fotografie che mettono in scena la potenza creativa e la carriera di Oliviero Toscani attraverso immagini più e meno note. “80 Anni da situazionista” è il titolo che è stato scelto proprio questa grande retrospettiva, non solo per celebrare la vocazione di Toscani, ma anche per gli 80 anni che il fotografo ha compiuto proprio poche settimane fa. Toscani mediante la fotografia ha fatto discutere il mondo su temi come il razzismo, la pena di morte, l’AIDS, la guerra, il sesso, la violenza, l’anoressia e molto altro. In mostra ci sono tutte le sue campagne più famose, quelle che hanno scosso l’opinione pubblica attraverso affissioni e pagine di giornali, ma anche un Toscani meno conosciuto, come quello dei primissimi anni. Dunque tra i lavori in mostra il famoso manifesto Jesus Jeans ‘Chi mi ama mi segua’, Bacio tra prete e suora del 1992, i Tre Cuori White/Black/Yellow del 1996, No-Anorexia del 2007 e moltissime altre, ma anche le immagini realizzate per la moda (da Donna Jordan a Claudia Schiffer, fino a quelle di Monica Bellucci) e addirittura quelle del periodo della sua formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo. In mostra anche decine di ritratti che hanno “cambiato il mondo”, come Mick Jagger, Lou Reed, Carmelo Bene, Federico Fellini e i più grandi protagonisti della cultura dagli anni ‘70 in poi. E ancora, una sala è dedicata al progetto Razza Umana, con il quale Oliviero Toscani ha solcato centinaia di piazze in tutto il mondo per fotografare chiunque lo desiderasse, dando vita al più grande archivio fotografico esistente sulle differenze morfologiche e sociali dell’umanità, con oltre 10.000 ritratti.
Per maggiori informazioni: Palazzo Albergati.
Palazzo Albergati, Via Saragozza, 28
PIER PAOLO PASOLINI – Folgorazioni figurative
Fino al 02/11/2022
Pier Paolo Pasolini è nato a Bologna cento anni fa. Seguiamo la traccia che Bologna ha lasciato nella formazione di una delle anime più profetiche del nostro Novecento, dalla nascita, il 5 marzo 1922, in via Borgonuovo, agli anni del liceo e dell’università, con un maestro come Roberto Longhi che plasmò lo sguardo di Pasolini e lo instradò verso una passione, quella per l’arte figurativa, che lo accompagnerà lungo tutto il suo poliedrico percorso creativo. Una vera e propria folgorazione. Da qui prende le mosse la mostra Folgorazioni figurative nei nuovi spazi espositivi del Sottopasso di Piazza Re Enzo, dal 1° marzo al 2 novembre 2022. Un percorso per scoprire come le grandi opere della storia dell’arte si siano innestate nel lavoro cinematografico di Pasolini, in un dialogo senza fine. Dalla pittura, che imparò ad amare tra i banchi dell’Università di Bologna agli inizi degli anni Quaranta, al cinema, che lo vide protagonista di una meravigliosa stagione negli anni Sessanta e Settanta. I capolavori dell’arte medievale e rinascimentale rivivono nel cinema di Pier Paolo Pasolini, sono riferimento visivo costante delle sue inquadrature, fonti d’ispirazioni o financo tableaux vivant. Le Folgorazioni figurative furono quelle che illuminarono lo sguardo del giovane Pasolini, quelle che la mostra realizzata dalla Cineteca di Bologna ricostruisce mettendo a confronto le immagini della grande tradizione pittorica e quelle dei film di PPP, lungo un percorso cronologico che va dall’esordio di Accattone nel 1961 all’ultimo, postumo, Salò del 1975. Curata da Marco Antonio Bazzocchi, Roberto Chiesi e Gian Luca Farinelli, Pier Paolo Pasolini. Folgorazioni figurative aprirà al pubblico il 1° marzo, inaugurando così i nuovi spazi espositivi del Sottopasso di Piazza Re Enzo, nel cuore di Bologna, la città dove Pasolini nacque il 5 marzo 1922. Promossa dalla Cineteca di Bologna, nell’ambito delle celebrazioni del Comune di Bologna e di quelle del Comitato nazionale per il Centenario della nascita di Pasolini, con il patrocinio di Alma Mater Studiorum Università di Bologna, il sostegno del Ministero della cultura e della Regione Emilia-Romagna, la partnership con Tper (con cui è realizzata la galleria di vetrofanie che ritraggono Pasolini esposte nelle pensiline della città) e Trenitalia Tper, la mostra sarà visitabile fino al 16 ottobre. Come ci ricorda Marco Antonio Bazzocchi nel saggio introduttivo al catalogo della mostra, pubblicato dalle Edizioni Cineteca di Bologna, “Pasolini ha imparato a leggere i dipinti negli anni Quaranta, grazie all’insegnamento di Roberto Longhi, che nell’autunno del 1941, a Bologna, in via Zamboni 33, ha spiegato a un ristrettissimo gruppo di studenti le differenze tra la pittura di Masaccio e quella di Masolino. Per farlo ha usato una tecnica critica assolutamente nuova, proiettando sullo schermo dell’aula i vetrini che riproducono le immagini di alcuni particolari delle opere d’arte analizzate. Lì, dai particolari, dai frammenti di un’opera, Longhi ricostruisce lo stile dell’artista, sa distinguere le fasi del suo percorso, le sa mettere in rapporto con quello che viene prima ma anche con quello che verrà poi. Particolari e frammenti di realtà, un viso, una mano, un lembo di veste. Corpi sezionati, esaminati a pezzi, osservati come oggetti d’amore. Per Pasolini in quei vetrini si consuma una folgorazione dove prende posto tutto il suo mondo futuro: la sua idea della Realtà come oggetto unico di attenzione, il bisogno di leggere sempre nei volti l’alterità, la diversità, la spinta a uscire fuori di sé per conoscere il mondo, e infine la carica erotica. Ogni film di Pasolini è progressivamente la costruzione di una bellezza che saccheggia ampie zone dell’arte italiana o europea per ridare dignità espressiva a ciò che non la avrebbe. I suoi film, complessivamente, disegnano una storia dell’arte in forma di cinema”.
Per maggiori informazioni: Cineteca di Bologna
Sottopasso di Re Enzo
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