“Non potrei mai prescindere dall’essere italiano, anche se oggi la mia carriera è a Amsterdam. Ma non so ancora se, nella nuova stagione, tornerò alla Scala o all’Opera di Roma.”. Jacopo Tissi è già al lavoro nelle sale prove del Balletto Nazionale Olandese: da un anno ne è il “principal dancer”, dopo essere stato ètoile al Bolshoi a Mosca, da cui si allontanò allo scoppio della guerra.
Un breve ritorno a casa è però previsto il 16 settembre quando, nella Basilica di San Petronio a Bologna, danzerà tra le stelle della serata “Memorare’24: danza e canto per la pace”, preparatoria al Giubileo 2025promosso dalla Chiesa, dal Comune e dal Teatro Comunale di Bologna. Nato da un’idea di Vittoria Cappelli, il gala, con l’Orchestra del Comunale, raccoglie fondi per la Caritas a sostegno dei profughi ucraini e delle popolazioni palestinesi. Guerra, transizione, pace sono i temi che ispirano la serata, incarnati dal pacifista Tissi nella sua storia personale: “in un momento in cui i conflitti dilaniano più punti del pianeta – afferma -, è fondamentale che la danza, il canto e la musica trasmettano armonia. L’arte non è né bandiera né arma. E’ condivisione pacifica”.
Il destino ha giocato un ruolo fondamentale nella vita dell’étoile: “Credo in Dio a modo mio. Il destino è un disegno alto, ma non saprei dire chi sia la matita, forse Dio, forse no”.
A Bologna danzerà l’Adagio dell’atto bianco di “Giselle” in coppia con la georgiana Maia Makhateli. Proprio nella “Giselle”, trasmessa in modo visione lo scorso gennaio, Tissa ha riscosso un successo planetario con Olga Smirnova e l’HNB di Amsterdam: “Ho ricevuto messaggi su Instagram dalla Colombia, dall’Asia, dall’Oceania. Impressionante: nello stesso momento ti guardano dal Messico e dalla latitudine opposta. E’ il lato positivo delle nuove tecnologie”.
A febbraio compirà 30 anni, età che apre un nuovo ciclo di vita per un danzatore: non solo virtuosismo e tecnica, ma profondità interpretativa. “L’età è consapevolezza. Per i miei 29, ho già vissuto forti esperienze cui attingere quando sono sul palco. Il fisico cambia, mentre cresce una maturità che rende più liberi di esplorare nuovi ruoli. Nella nuova stagione ad Amsterdam ballerò per la prima volta “Four Schumann Pieces” che Hans van Manen centrò sul carisma della figura maschile per miti come Anthony Dowell e Nureyev. E debutterò in “Don Chisciotte”, una bella sfida”. Tisi è molto diverso dallo stereotipo dell’italiano all’estero: “Gli olandesi riconoscono i me l’idea italiana dell’eleganza, del senso del bello, valori molto apprezzati all’estero che in Italia”.
La carriera di un ballerino è appesa a un filo: “Lo spettro dell’infortunio è la paura più grande per un danzatore – confessa-. Per un banale incidente in sala prove ad Amsterdam a inizio anno, ho provato cosa significa fermarsi per mesi a causa di un infortunio al metatarso. Sono stato fortunato perché il teatro nazionale olandese ha un’equipe interna di medici e fisioterapisti. Lo stop forzato mi ha spinto a riflettere: per rimettersi in forma ci vuole umiltà e resilienza, devi resettare il corpo. Ma ballare non è un mestiere, è una passione profonda che da senso alla vita”.
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